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lunedì 3 maggio 2010

ALLERGIE:perchè siamo allergici?quanto dura la stagione dei pollini?test e terapie


Allergie: non è più tempo di starnuti
di Claudia Boselli
Siamo allergici alla vita moderna? Se lo chiede la Federazione europea delle associazioni dei pazienti con malattie allergiche e respiratorie (Efa) in un recente rapporto presentato a Bruxelles. La domanda, apparentemente bizzarra, nasce dalla rapida diffusione di allergie respiratorie osservata nei paesi industrializzati. Due le ragioni ipotizzabili. Il rialzo graduale della temperatura legato all’inquinamento (l’80 per cento dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera viene dall’industrializzazione) danneggia la mucosa bronchiale e la rende più attaccabile dagli allergeni; gli esperti sanno da tempo che alcune sostanze inquinanti causano un aumento della produzione e della capacità allergizzante dei pollini. Secondo motivo: le case di oggi, costruite a prova di spifferi, sono diventate sedi ideali per acari della polvere e muffe.
Fatto sta che, ogni primavera, le sole allergie da pollini complicano la vita a 4 milioni circa di italiani: occhi rossi e congiuntivite, riniti con crisi di starnuti e naso chiuso e gocciolante, nei casi peggiori attacchi d’asma (che ha origine allergica in oltre il 50 per cento degli adulti e almeno nell’80 per cento dei bambini).
«La stagione dei pollini oggi è diventata più lunga: i sintomi possono comparire già nei primi mesi dell’anno in chi è sensibile a pollini d’albero (betulla, nocciolo, ontano, carpino e cipresso), mentre in estate-autunno ha un’importanza crescente il polline delle composite, tra cui l’ambrosia, una pianta infestante» precisa Guido Marcer, responsabile del Servizio di allergologia nel dipartimento di medicina ambientale e sanità pubblica all’Università di Padova, che coordina una rete nazionale di monitoraggio dei pollini. Quest’anno gli esperti prevedono, per le prossime settimane, un’esplosione pollinica in quanto la temperatura più fredda della media stagionale ha rallentato le fioriture.
Uno studio condotto in Liguria tra il 1981 e il 2007 dall’Università di Genova (pubblicato su Annals of Allergy asthma & immunology di marzo) conferma la relazione tra cambiamento climatico e allergie. «Dopo 27 anni i pollini della parietaria erano presenti 85 giorni in più, quelli di olivo e cipresso 18 giorni, e gli allergeni avevano aumentato la concentrazione di un quarto» riferisce Giorgio Walter Canonica, direttore della Clinica di malattie respiratorie all’Università di Genova e past president dell’Organizzazione mondiale di allergologia (Wao), oltre che coautore della ricerca con Renato Ariano e Giovanni Passalacqua. Non solo, è salito il numero delle persone sensibilizzate a più pollini, con la conseguenza che minori concentrazioni sono sufficienti a scatenare l’allergia e i sintomi non danno tregua. «Il 70-80 per cento degli allergici è sensibile a più pollini non correlati, per esempio pollini d’albero e d’erba» dice Marcer.
Oltre al connubio tra inquinamento e allergie, altri fattori ne spiegano il boom. Ha un ruolo la genetica: con un genitore allergico il figlio ha il 30 per cento di probabilità di diventarlo, eventualità che sale al 56 per cento se lo sono madre e padre. C’entra lo svezzamento precoce(l’allattamento al seno nei primi sei mesi ha un effetto protettivo). Ma anche il fatto di essere figli unici, il rischio in questo caso è pari al 25 per cento. Gli ultimi studi puntano il dito anche sull’eccesso di igiene: in ambienti asettici e sterilizzati, come spesso sono le nostre case, il sistema immunitario dei bambini ha meno occasioni di esercitarsi contro virus e batteri, di conseguenza scambia i pollini per nemici, reagendo appunto con un incremento di crisi allergiche o altre malattie autoimmuni.
Se crescono le allergie, si moltiplicano in compenso le soluzioni offerte dalla ricerca. A cominciare dalla diagnosi. «Per stabilire a che cosa si è allergici i test cutanei (Prick) permettono nella maggior parte dei casi di identificare l’allergene responsabile» afferma Luigi Fontana, direttore dell’Unità operativa di medicina interna allergologia e immunologia clinica nell’Università di Tor Vergata, Roma. Quando non è possibile eseguire i test cutanei, o nei casi dubbi, o in presenza di sensibilizzazione a più sostanze, si fa ricorso ad altri esami: «Per esempio, con un prelievo di sangue si va a vedere il dosaggio degli anticorpi specifici IgE coinvolti nella reazione allergica» informa Fontana. «O più recentemente con i microarray, che individuano le singole molecole a cui si è allergici».
Obiettivo dei nuovi test, oltre che migliorare la diagnosi e la cura, è evidenziare le allergie crociate. «Chi è allergico alla betulla può avere problemi se consuma mele, pere, albicocche e kiwi. E chi lo è alle graminacee dovrebbe evitare cibi come melone, anguria e pomodoro» precisa Marcer.
A definire la terapia sono le linee guida internazionali Aria (rinite allergica e il suo impatto sull’asma). Per rinite e congiuntivite allergica funzionanoantistaminici orali o cortisonici per via inalatoria, l’asma viene trattata con broncodilatatori o cortisonici inalati, e antileucotrienici(antiinfiammatori per le vie respiratorie in caso di allergia).
Anche su questo fronte ci sono novità. «Contro rinite allergica e asma da fine 2009 è disponibile un anticorpo monoclonale umanizzato che blocca gli anticorpi IgE (coinvolti nella risposta immunitaria), è indicato in casi selezionati e viene prescritto solo nei centri specialistici» ricorda Fontana. «E da marzo è in commercio un corticosteroide inalatorio, ilciclesonide, che si attiva a livello del polmone e ha un maggiore profilo di sicurezza».
Ma l’arma più efficace nel cambiare la storia naturale dell’allergia, concordano gli specialisti, è l’immunoterapia, ovvero il vaccino. Con la nuova via di somministrazione sublinguale (immunoterapia specifica, Slit) in gocce o compresse, adottata nel 70-80 per cento dei casi di rinite allergica e asma; e in sperimentazione per le allergie ai cibi.
«Oggi si preferiscono i vaccini sublinguali perché sono più facili da somministrare ai bambini e hanno minori effetti collaterali rispetto alle iniezioni» dice Alessandro Fiocchi, direttore di pediatria alla Macedonio Melloni di Milano. Dall’anno scorso è disponibile in farmacia il vaccino universale per gli allergici alle graminacee, non più preparato per ciascun paziente su richiesta dell’allergologo, come avviene nel caso di quelli tradizionali. Mentre per il 2011 è atteso in farmacia un vaccino composto dalle cinque graminacee più diffuse in Europa.
«Il primo documento di consenso sulla Slit, redatto dalla Wao con 55 società specialistiche mondiali, ne conferma efficacia e sicurezza nelle malattie allergiche respiratorie e nell’asma, e affronta l’aspetto regolatorio, raccomandandone la diffusione in farmacia e il rimborso, a parità dei farmaci» sottolinea Canonica.
Pubblicato lo scorso dicembre sul supplemento di Allergy, è stato presentato alla comunità scientifica internazionale all’ultimo convegno su asma e allergie respiratorie promosso da Wao e Interasma a Dubai, dal 24 al 27 aprile.

Allergie: non è più tempo di starnuti
di Claudia Boselli
Siamo allergici alla vita moderna? Se lo chiede la Federazione europea delle associazioni dei pazienti con malattie allergiche e respiratorie (Efa) in un recente rapporto presentato a Bruxelles. La domanda, apparentemente bizzarra, nasce dalla rapida diffusione di allergie respiratorie osservata nei paesi industrializzati. Due le ragioni ipotizzabili. Il rialzo graduale della temperatura legato all’inquinamento (l’80 per cento dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera viene dall’industrializzazione) danneggia la mucosa bronchiale e la rende più attaccabile dagli allergeni; gli esperti sanno da tempo che alcune sostanze inquinanti causano un aumento della produzione e della capacità allergizzante dei pollini. Secondo motivo: le case di oggi, costruite a prova di spifferi, sono diventate sedi ideali per acari della polvere e muffe.
Fatto sta che, ogni primavera, le sole allergie da pollini complicano la vita a 4 milioni circa di italiani: occhi rossi e congiuntivite, riniti con crisi di starnuti e naso chiuso e gocciolante, nei casi peggiori attacchi d’asma (che ha origine allergica in oltre il 50 per cento degli adulti e almeno nell’80 per cento dei bambini).
«La stagione dei pollini oggi è diventata più lunga: i sintomi possono comparire già nei primi mesi dell’anno in chi è sensibile a pollini d’albero (betulla, nocciolo, ontano, carpino e cipresso), mentre in estate-autunno ha un’importanza crescente il polline delle composite, tra cui l’ambrosia, una pianta infestante» precisa Guido Marcer, responsabile del Servizio di allergologia nel dipartimento di medicina ambientale e sanità pubblica all’Università di Padova, che coordina una rete nazionale di monitoraggio dei pollini. Quest’anno gli esperti prevedono, per le prossime settimane, un’esplosione pollinica in quanto la temperatura più fredda della media stagionale ha rallentato le fioriture.
Uno studio condotto in Liguria tra il 1981 e il 2007 dall’Università di Genova (pubblicato su Annals of Allergy asthma & immunology di marzo) conferma la relazione tra cambiamento climatico e allergie. «Dopo 27 anni i pollini della parietaria erano presenti 85 giorni in più, quelli di olivo e cipresso 18 giorni, e gli allergeni avevano aumentato la concentrazione di un quarto» riferisce Giorgio Walter Canonica, direttore della Clinica di malattie respiratorie all’Università di Genova e past president dell’Organizzazione mondiale di allergologia (Wao), oltre che coautore della ricerca con Renato Ariano e Giovanni Passalacqua. Non solo, è salito il numero delle persone sensibilizzate a più pollini, con la conseguenza che minori concentrazioni sono sufficienti a scatenare l’allergia e i sintomi non danno tregua. «Il 70-80 per cento degli allergici è sensibile a più pollini non correlati, per esempio pollini d’albero e d’erba» dice Marcer.
Oltre al connubio tra inquinamento e allergie, altri fattori ne spiegano il boom. Ha un ruolo la genetica: con un genitore allergico il figlio ha il 30 per cento di probabilità di diventarlo, eventualità che sale al 56 per cento se lo sono madre e padre. C’entra lo svezzamento precoce(l’allattamento al seno nei primi sei mesi ha un effetto protettivo). Ma anche il fatto di essere figli unici, il rischio in questo caso è pari al 25 per cento. Gli ultimi studi puntano il dito anche sull’eccesso di igiene: in ambienti asettici e sterilizzati, come spesso sono le nostre case, il sistema immunitario dei bambini ha meno occasioni di esercitarsi contro virus e batteri, di conseguenza scambia i pollini per nemici, reagendo appunto con un incremento di crisi allergiche o altre malattie autoimmuni.
Se crescono le allergie, si moltiplicano in compenso le soluzioni offerte dalla ricerca. A cominciare dalla diagnosi. «Per stabilire a che cosa si è allergici i test cutanei (Prick) permettono nella maggior parte dei casi di identificare l’allergene responsabile» afferma Luigi Fontana, direttore dell’Unità operativa di medicina interna allergologia e immunologia clinica nell’Università di Tor Vergata, Roma. Quando non è possibile eseguire i test cutanei, o nei casi dubbi, o in presenza di sensibilizzazione a più sostanze, si fa ricorso ad altri esami: «Per esempio, con un prelievo di sangue si va a vedere il dosaggio degli anticorpi specifici IgE coinvolti nella reazione allergica» informa Fontana. «O più recentemente con i microarray, che individuano le singole molecole a cui si è allergici».
Obiettivo dei nuovi test, oltre che migliorare la diagnosi e la cura, è evidenziare le allergie crociate. «Chi è allergico alla betulla può avere problemi se consuma mele, pere, albicocche e kiwi. E chi lo è alle graminacee dovrebbe evitare cibi come melone, anguria e pomodoro» precisa Marcer.
A definire la terapia sono le linee guida internazionali Aria (rinite allergica e il suo impatto sull’asma). Per rinite e congiuntivite allergica funzionanoantistaminici orali o cortisonici per via inalatoria, l’asma viene trattata con broncodilatatori o cortisonici inalati, e antileucotrienici(antiinfiammatori per le vie respiratorie in caso di allergia).
Anche su questo fronte ci sono novità. «Contro rinite allergica e asma da fine 2009 è disponibile un anticorpo monoclonale umanizzato che blocca gli anticorpi IgE (coinvolti nella risposta immunitaria), è indicato in casi selezionati e viene prescritto solo nei centri specialistici» ricorda Fontana. «E da marzo è in commercio un corticosteroide inalatorio, ilciclesonide, che si attiva a livello del polmone e ha un maggiore profilo di sicurezza».
Ma l’arma più efficace nel cambiare la storia naturale dell’allergia, concordano gli specialisti, è l’immunoterapia, ovvero il vaccino. Con la nuova via di somministrazione sublinguale (immunoterapia specifica, Slit) in gocce o compresse, adottata nel 70-80 per cento dei casi di rinite allergica e asma; e in sperimentazione per le allergie ai cibi.
«Oggi si preferiscono i vaccini sublinguali perché sono più facili da somministrare ai bambini e hanno minori effetti collaterali rispetto alle iniezioni» dice Alessandro Fiocchi, direttore di pediatria alla Macedonio Melloni di Milano. Dall’anno scorso è disponibile in farmacia il vaccino universale per gli allergici alle graminacee, non più preparato per ciascun paziente su richiesta dell’allergologo, come avviene nel caso di quelli tradizionali. Mentre per il 2011 è atteso in farmacia un vaccino composto dalle cinque graminacee più diffuse in Europa.
«Il primo documento di consenso sulla Slit, redatto dalla Wao con 55 società specialistiche mondiali, ne conferma efficacia e sicurezza nelle malattie allergiche respiratorie e nell’asma, e affronta l’aspetto regolatorio, raccomandandone la diffusione in farmacia e il rimborso, a parità dei farmaci» sottolinea Canonica.
Pubblicato lo scorso dicembre sul supplemento di Allergy, è stato presentato alla comunità scientifica internazionale all’ultimo convegno su asma e allergie respiratorie promosso da Wao e Interasma a Dubai, dal 24 al 27 aprile.

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