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martedì 23 marzo 2010

Ictus:buone novità per le donne,hanno individuato anticorpi che possono proteggerle


Una Tac cerebrale
Una Tac cerebrale
MILANO -
 Ci sono anticorpi naturali che proteggono il cervello dall’ictus: chi ne ha pochi, soprattutto se appartiene al gentil sesso, lo rischia quasi tre volte di più. L’osservazione di un gruppo di ricercatori svedesi, pubblicata su Stroke, si inserisce in un filone di ricerca che sta indagando il ruolo del sistema immunitario nella formazione dell’aterosclerosi, causa prima delle ostruzioni che impediscono la libera circolazione del sangue nelle coronarie e in altre arterie del corpo, come quelle del cervello, provocando infarti e ictus.
NUOVO APPROCCIO - Johan Frostegård, che ha coordinato la ricerca, è a capo di un gruppo di studiosi europei che sta esplorando quest’avvincente ipotesi nell’ambito del consorzioCVDIMMUNE che ha già prodotto importanti risultati. In studi precedenti ha infatti già dimostrato che alti livelli di anticorpi contro la fosforilcolina, una delle componenti grasse della placca aterosclerotica, proteggono i vasi dalla malattia. Ora gli scienziati sono andati oltre, verificando l’effetto di questa sostanza sul rischio di ictus: confrontando 227 persone che hanno subito questo evento negli ultimi 13 anni con 445 controlli appaiati per sesso ed età, eliminati tutti gli altri possibili fattori confondenti (fumo, diabete, colesterolo, e così via), i ricercatori hanno verificato che avere livelli dell’anticorpo inferiori al 30 per cento della media significa avere un rischio di ictus maggiore. Anzi, nelle donne addirittura quasi triplo rispetto a chi gode dell’invisibile tutela di questo anticorpo.
LE PROSPETTIVE - «Il dosaggio degli anticorpi antifosforilcolina potrebbe quindi diventare un valido indicatore del rischio individuale nei confronti dell’ictus» sostiene Frostegård, che ammette: «La possibilità di mettere a punto terapie che stimolino il sistema immunitario in questa direzione, invece, richiede ulteriori approfondimenti». Una cautela d’obbligo, soprattutto alla luce del fatto che l’anticorpo in questione appartiene a una famiglia nota in medicina più per colpe che per meriti: «Gli anticorpi antifosfolipidi in generale sono infatti legati a un maggior rischio di trombosi» spiega Bruno Tavolato, neurologo e immunopatologo dell’Università di Padova. «La segnalazione dei colleghi svedesi è senz’altro interessante proprio perché va contro ciò che si dava finora per scontato, che cioè questi anticorpi fossero sempre e comunque indice di una predisposizione alle malattie di vasi e cuore». Alla luce dei risultati che vengono dalla Scandinavia, invece, l’anticorpo antifosforilcolina, ma soltanto questo, sembrerebbe protettivo. «L’entità di riduzione del rischio però, oltre al numero dei soggetti esaminati, non consentono ancora di trarre conclusioni definitive sul ruolo di questo anticorpo» mette in guardia l’esperto, «né tanto meno pensare a un vero e proprio vaccino che ne stimoli la produzione». Il rischio è di risvegliare, insieme a lui, anche i cugini malintenzionati, con conseguenze che potrebbero essere disastrose.

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