Usa, la marea nera raggiunge le coste
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Obama mobilita l'esercito
NEW ORLEANS
Le prime chiazze di petrolio, fuoriuscito dalla piattaforma della Bp affondata il 22 aprile nel Golfo del Messico, hanno cominciato stamane a toccare le coste della Louisiana, non lontano dall’estuario del Mississippi. Lo ha annunciato un responsabile locale. Billy Nungesser, presidente della Plaquemines Parish, ha confermato che una striscia lucente di petrolio ha raggiunto le paludi costiere e adesso minaccia il delicato ecosistema palustre della regione, che costituisce anche un’importante riserva ittica per il Paese.
Le prime tracce della macchia sono state avvistate da un elicottero della Guardia Costiera nella zona di Plaquemines. Non sono bastate dunque le barriere gonfiabili che erano state poste al largo delle coste sud-orientali degli Stati Uniti per bloccare il petrolio, anche perchè nelle ultime ore le onde nella zona hanno raggiunto più di un metro e mezzo d’altezza. Adesso è lotta contro il tempo per evitare che il petrolio che fuoriesce dal pozzo sottomarino (cinque volte superiore alle stime inizialmente annunciate) provochi una catastrofe ecologica simile a quella che, del 1989, creò la Exxon Valdes in Alaska: le conseguenze di quel disastro durano fino a oggi, a distanza di oltre 20 anni, e continueranno per decenni.
La fuoriuscita di petrolio è cominciata il 20 aprile dopo l'esplosione e l’incendio di una piattaforma della British Petroleum che, prima di affondare, ha cominciato a versare migliaia di barili di petrolio nell’oceano. La piattaforma Deepwater Horizon, che si trovava a 75 chilometri dalla costa, è colata a picco due giorni dopo; e il petrolio esce dal pozzo sottomarino. Obama, che pure non ha mai fatto mistero di essere un convinto ambientalista varando una serie di misure a sostegno della energia pulita, solo il mese scorso - tra le polemiche degli ambientalisti - aveva dato la sua autorizzazione a nuove piattaforme off shore nell’Atlantico, davanti alle coste del Delaware, di New York, della Florida. Ma l’incidente alla Deepwater Horizon (piattaforma della società svizzera Transocean affittata dalla britannica BP) è destinato ad avere un effetto diretto sulla linea energetica finora seguita dalla Casa Bianca in materia petrolifera. Nonostante la Guardia Costiera americana avesse escluso in un primo tempo il rischio di marea nera, Obama fin dal giorno dell’incidente aveva dato ordine che all’emergenza del Golfo del Messico fosse data «priorità assoluta». E da allora ha chiesto di essere costantemente aggiornato sulla situazione. Oggi ha così appreso che, per quanto riguarda le cause, Transocean e BP si accusano reciprocamente.«La colpa è di Transocean, la piattaforma e la sua manutenzione erano compito loro» ha detto alla Cnn l’amministratore delegato di Bp, Tony Hayward. Ma la Transocean non era tenuta ad avere sulla piattaforma quel telecomando acustico che, stando al Wall Street Journal, potrebbe essere all’origine dell’incidente. Quel dispositivo, chiamato «interruttore acustico», permette di controllare la valvola che chiude il pozzo petrolifero anche se la piattaforma è danneggiata o evacuata. Il telecomando è obbligatorio in Norvegia e in Brasile, alcune società lo usano anche se non è richiesto. Ma negli Stati Uniti le autorità non lo richiedono e la Transocean non lo aveva installato. Qualunque siano le cause, tuttavia, Obama è consapevole della gravità del disastro. Quella enorme macchia nera, che raggiunga o meno le coste della Louisiana, avrà effetti diretti sulla politica petrolifera della Casa Bianca. Andando così a confermare quanto sostenuto dagli ambientalisti, che avevano criticato il nuovo piano di Obama per lo sfruttamento del petrolio americano. Il piano, presentato a fine marzo, si pone l’obiettivo di ridurre la dipendenza energetica degli Usa dal petrolio estero, in particolare dai Paesi con cui gli Usa non hanno buoni rapporti. http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201004articoli/54556girata.asp#
Per questo era stato accolto con favore oltre che dall’industria del settore anche dalla dall’opposizione repubblicana. In attesa che i pannelli solari, le turbine eoliche o le centrali nucleari comincino a produrre "tutta" l’energia di cui l’America necessita, gli Usa continuano ad aver bisogno di petrolio. Obama, da pragmatico quale è, pensava di andare a prenderlo sotto il mare non solo davanti alle coste della California o del Golfo del Messico, ma anche davanti alle coste Atlantiche. Anche se la Casa Bianca si dice convinta del contrario, con ogni probabilità ora dovrà rivedere i suoi piani.
Le prime chiazze di petrolio, fuoriuscito dalla piattaforma della Bp affondata il 22 aprile nel Golfo del Messico, hanno cominciato stamane a toccare le coste della Louisiana, non lontano dall’estuario del Mississippi. Lo ha annunciato un responsabile locale. Billy Nungesser, presidente della Plaquemines Parish, ha confermato che una striscia lucente di petrolio ha raggiunto le paludi costiere e adesso minaccia il delicato ecosistema palustre della regione, che costituisce anche un’importante riserva ittica per il Paese.
Le prime tracce della macchia sono state avvistate da un elicottero della Guardia Costiera nella zona di Plaquemines. Non sono bastate dunque le barriere gonfiabili che erano state poste al largo delle coste sud-orientali degli Stati Uniti per bloccare il petrolio, anche perchè nelle ultime ore le onde nella zona hanno raggiunto più di un metro e mezzo d’altezza. Adesso è lotta contro il tempo per evitare che il petrolio che fuoriesce dal pozzo sottomarino (cinque volte superiore alle stime inizialmente annunciate) provochi una catastrofe ecologica simile a quella che, del 1989, creò la Exxon Valdes in Alaska: le conseguenze di quel disastro durano fino a oggi, a distanza di oltre 20 anni, e continueranno per decenni.
La fuoriuscita di petrolio è cominciata il 20 aprile dopo l'esplosione e l’incendio di una piattaforma della British Petroleum che, prima di affondare, ha cominciato a versare migliaia di barili di petrolio nell’oceano. La piattaforma Deepwater Horizon, che si trovava a 75 chilometri dalla costa, è colata a picco due giorni dopo; e il petrolio esce dal pozzo sottomarino. Obama, che pure non ha mai fatto mistero di essere un convinto ambientalista varando una serie di misure a sostegno della energia pulita, solo il mese scorso - tra le polemiche degli ambientalisti - aveva dato la sua autorizzazione a nuove piattaforme off shore nell’Atlantico, davanti alle coste del Delaware, di New York, della Florida. Ma l’incidente alla Deepwater Horizon (piattaforma della società svizzera Transocean affittata dalla britannica BP) è destinato ad avere un effetto diretto sulla linea energetica finora seguita dalla Casa Bianca in materia petrolifera. Nonostante la Guardia Costiera americana avesse escluso in un primo tempo il rischio di marea nera, Obama fin dal giorno dell’incidente aveva dato ordine che all’emergenza del Golfo del Messico fosse data «priorità assoluta». E da allora ha chiesto di essere costantemente aggiornato sulla situazione. Oggi ha così appreso che, per quanto riguarda le cause, Transocean e BP si accusano reciprocamente.«La colpa è di Transocean, la piattaforma e la sua manutenzione erano compito loro» ha detto alla Cnn l’amministratore delegato di Bp, Tony Hayward. Ma la Transocean non era tenuta ad avere sulla piattaforma quel telecomando acustico che, stando al Wall Street Journal, potrebbe essere all’origine dell’incidente. Quel dispositivo, chiamato «interruttore acustico», permette di controllare la valvola che chiude il pozzo petrolifero anche se la piattaforma è danneggiata o evacuata. Il telecomando è obbligatorio in Norvegia e in Brasile, alcune società lo usano anche se non è richiesto. Ma negli Stati Uniti le autorità non lo richiedono e la Transocean non lo aveva installato. Qualunque siano le cause, tuttavia, Obama è consapevole della gravità del disastro. Quella enorme macchia nera, che raggiunga o meno le coste della Louisiana, avrà effetti diretti sulla politica petrolifera della Casa Bianca. Andando così a confermare quanto sostenuto dagli ambientalisti, che avevano criticato il nuovo piano di Obama per lo sfruttamento del petrolio americano. Il piano, presentato a fine marzo, si pone l’obiettivo di ridurre la dipendenza energetica degli Usa dal petrolio estero, in particolare dai Paesi con cui gli Usa non hanno buoni rapporti. http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201004articoli/54556girata.asp#
Per questo era stato accolto con favore oltre che dall’industria del settore anche dalla dall’opposizione repubblicana. In attesa che i pannelli solari, le turbine eoliche o le centrali nucleari comincino a produrre "tutta" l’energia di cui l’America necessita, gli Usa continuano ad aver bisogno di petrolio. Obama, da pragmatico quale è, pensava di andare a prenderlo sotto il mare non solo davanti alle coste della California o del Golfo del Messico, ma anche davanti alle coste Atlantiche. Anche se la Casa Bianca si dice convinta del contrario, con ogni probabilità ora dovrà rivedere i suoi piani.
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