Trattamento sanitario obbligatorio per quelle donne che vivono il disagio della maternità. È questa la proposta dei ginecologi italiani della Sigo in seguito agli ultimi casi di infanticidio registrati in Italia.
Si tratta di una procedura da applicare solo in casi gravi, che secondo i dati potrebbero riguardare almeno 1000 donne l'anno. Stando al contenuto della proposta presentata al ministro della Salute, le donne che mostrano sintomi preoccupanti dovrebbero essere seguite da un'équipe specializzata 24 ore al giorno fino alla scomparsa della minaccia. Le spie del malessere sono la presenza di ansia e depressione già durante la gravidanza, casi precedenti in famiglia, solitudine e condizioni socio-economiche problematiche, difficoltà nella vita di coppia.
Il problema viene amplificato dalla vergogna con la quale la maggior parte delle donne vivono la propria condizione, ma come afferma Antonio Picano dell'Associazione Strade Onlus, “la donna affetta da depressione post partum non può essere trattata come una qualsiasi criminale. L'impulso di eliminare il proprio figlio è purtroppo un sintomo tipico e ben conosciuto. Si tratta di una forza estranea alla volontà della persona contro la quale la donna depressa lotta strenuamente e di cui si vergogna profondamente. Non può comunicare a nessuno i suoi pensieri, in particolare al marito, ma anche la mamma o la sorella vengono tenute all'oscuro di questo dramma. Oggi non esiste una protezione reale per il bambino e per la donna. Non basta infatti ottenere una corretta diagnosi e una terapia farmacologica per salvare un bambino dalla defenestrazione e una donna dal dramma e dal carcere. Sono necessarie delle attenzioni particolari per la paziente che ha una condizione a rischio e il bambino deve essere tutelato esplicitamente”.
Nel campo della ricerca, uno studio dell'Università della California ha scoperto un ormone coinvolto nella sindrome chiamata “baby blues”, riconducibile al genere patologico delle depressioni post-parto, che colpisce il 10-15% delle neomamme tra le quattro e le sei settimane dopo la nascita della loro creatura.
I ricercatori statunitensi, che hanno pubblicato il loro lavoro sul periodico “Archives of General Psychiatry”, hanno misurato in 100 donne, in vari momenti della gravidanza, i livelli dell'ormone CRH (ormone di rilascio della corticotropina), concludendo che alti valori di CRH alla 25esima settimana di gestazione corrispondono allo sviluppo della sindrome depressiva baby blues per il 75% delle donne.
Qualora questa affermazione sarà confermata da altri studi, sarà possibile mettere a punto un test da svolgere in gravidanza per conoscere se si andrà incontro o meno alla depressione post-parto e prendere così per tempo gli opportuni rimedi.
Il meccanismo che collega la sindrome depressiva baby blues con l'ormone CRH è collegato al cortisolo, un altro ormone, attivato dal CRH, che aiuta l'organismo a combattere lo stress.
Dopo il parto i livelli di CRH crollano e, di conseguenza, diminuiscono notevolmente anche quelli del cortisolo: le donne che in gravidanza avevano alte concentrazioni di CRH e cortisolo subiscono una variazione più marcata di questi due ormoni dopo il parto e questo può condurle a sviluppare la sindrome depressiva baby blues.
Allo stato attuale delle conoscenze medico-scientifiche, tuttavia, lo studio americano fornisce solo delle indicazioni di massima che dovranno essere confermate da altre evidenze scientifiche e da altre ricerche.
http://italiasalute.leonardo.it/gravidanza.asp
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venerdì 4 giugno 2010
Depressione post partum,ora è obbligatorio il trattamento sanitario
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