Prove facili per la memoria da poter fare (quasi) da soli
Alzheimer: nuovo test per la diagnosi
Un questionario che potrebbe essere usato anche da medici non specialisti o, addirittura, dal paziente stesso
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Il questionario MILANO - Fra i 65 e i 69 anni 13 persone ogni mille sono colpite da demenza. Dopo gli 80 anni diventano 122. Solo nella metà dei casi, però, la malattia viene diagnosticata in tempo utile per attivare le possibilità d'intervento e di accesso ai servizi che una diagnosi precoce potrebbe offrire. Ma diagnosticare in tempo questa malattia non è facile: le forme di demenza sono tante, ognuna con le sue peculiarità e quella di Alzheimer è solo la più nota e una delle più diffuse. In mancanza di un esame strumentale o di laboratorio decisivo per la diagnosi, si sono sviluppate molte scale neuropsicologiche di valutazione, ma nessuna è risultata definitiva, soprattutto nelle prime fasi di malattia.
Sull'ultimo numero del British Medical Journal, i ricercatori dell’Addenbrooke's Hospital di Cambridge, diretti dal neurologo Jeremy Brown, propongono un nuovo test, chiamato TYM (acronimo di Test Your Memory, cioè 'testa la tua memoria'): studiato per ridurre il tempo di esecuzione (5 minuti), secondo i neurologi inglesi, potrebbe essere usato anche da medici non specialisti o, addirittura, dal paziente stesso. Il 'questionario' propone prove semplici, ma in grado di scandagliare dieci differenti dominii cognitivi — orientamento, conoscenza semantica, calcolo, fluenza verbale, similarità, denominazione, abilità visuospaziali, richiamo mnemonico e capacità di portare a termine il test —, consentendo di totalizzare un massimo di 50 punti. Proprio la semplicità di queste prove ci dice quanto la malattia possa deteriorare le funzioni cognitive. Da 34 anni uno degli strumenti più usati nella valutazione dell'Alzheimer era la scala MMSE (Mini Mental State Examination), soprattutto per la sua brevità (10 minuti), praticità e affidabilità. Il confronto con il TYM era più che scontato e il nuovo test si è dimostrato più sensibile, identificando il 93% dei pazienti rispetto al 53% dell'MMSE. Lo studio di validazione inglese, condotto su 139 pazienti con demenza o con compromissione mnemonica lieve e su 540 soggetti di controllo, ha evidenziato in questi ultimi un punteggio medio di 47 su 50, mentre i pazienti arrivavano a 33 su 50.
Con un punteggio di 42/50 la sensibilità diagnostica del TYM sarebbe del 93%: riesce cioè a 'percepire' il rischio di malattia in 93 casi su 100 e inoltre il particolare tipo di demenza in 86 casi su 100. Quando esclude la malattia (la cosiddetta predittività negativa), il test sbaglia in 1 caso su 100. Lo studio sta però suscitando polemiche fra gli addetti ai lavori, per il rischio di falsi positivi se usato da mani inesperte. «La diagnosi di questa malattia è un processo che richiede una valutazione multifattoriale e un lungo periodo di tempo — sottolinea il professor Carlo Caltagirone, direttore scientifico dell'IRCCS Santa Lucia di Roma —. Le alterazioni cognitive sono diverse da quelle del normale invecchiamento, ma l'esordio della demenza è graduale e occorre considerare sempre anche l'educazione di una persona, la sua cultura, l'ambiente in cui vive... Per valutare questi pazienti con un test serve la supervisione di un esperto che aiuti a interpretare i risultati. La Società italiana di neurologia per la diagnosi delle demenze raccomanda da tempo un'ampia verifica, usando le molte scale neuropsicologiche oggi disponibili, da impiegare insieme alle altre risorse — funzionali, strumentali, di laboratorio, ecc. — indicate nelle Linee guida».
Il nuovo test promette comunque di allargare la base dell'allerta diagnostico, arruolando anche il medico di base fra quelli che possono fare una diagnosi precoce: secondo gli autori dello studio, il TYM potrebbe essere somministrato dall'infermiera ai pazienti già nella sala d'aspetto. «Se avrà un'ampia diffusione potrà essere validato in contesti clinici diversi e in popolazioni e culture differenti, come è successo per l'MMSE, di cui oggi esiste anche la versione cinese — dice Orso Bugiani, primario emerito di neuropatologia dell’Istituto Besta di Milano —. Fino ad allora è importante che ogni medico individui la scala neuropsicologica che meglio si adatta alla sua professione e la usi per migliorare la sua capacità di identificare i pazienti nelle fasi iniziali di malattia. Così, avrà acquisito un’esperienza che gli permetterà di usare al meglio il TYM, quando sarà validato anche nel nostro Paese».
Cesare Peccarisi
28 giugno 2009
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