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sabato 4 luglio 2009

alzheimer,ecco il test per la diagnosi da fare anche da soli o quasi

Prove facili per la memoria da poter fare (quasi) da soli
Alzheimer: nuovo test per la diagnosi
Un questionario che potrebbe essere usato an­che da medici non specialisti o, addirittura, dal paziente stesso
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Il questionario MILANO - Fra i 65 e i 69 anni 13 perso­ne ogni mille sono colpite da demenza. Dopo gli 80 anni di­ventano 122. Solo nella metà dei casi, però, la malattia vie­ne diagnosticata in tempo uti­le per attivare le possibilità d'intervento e di accesso ai ser­vizi che una diagnosi precoce potrebbe offrire. Ma diagnosti­care in tempo questa malattia non è facile: le forme di de­menza sono tante, ognuna con le sue peculiarità e quella di Alzheimer è solo la più nota e una delle più diffuse. In mancanza di un esame strumentale o di laboratorio decisivo per la diagnosi, si so­no sviluppate molte scale neu­ropsicologiche di valutazione, ma nessuna è risultata definiti­va, soprattutto nelle prime fa­si di malattia.

Sull'ultimo nu­mero del British Medical Jour­nal, i ricercatori dell’Adden­brooke's Hospital di Cambrid­ge, diretti dal neurologo Jeremy Brown, propongono un nuovo test, chiamato TYM (acronimo di Test Your Me­mory, cioè 'testa la tua memo­ria'): studiato per ridurre il tempo di esecuzione (5 minu­ti), secondo i neurologi ingle­si, potrebbe essere usato an­che da medici non specialisti o, addirittura, dal paziente stesso. Il 'questionario' propone prove semplici, ma in grado di scandagliare dieci differenti dominii cognitivi — orienta­mento, conoscenza semanti­ca, calcolo, fluenza verbale, si­milarità, denominazione, abili­tà visuospaziali, richiamo mnemonico e capacità di por­tare a termine il test —, con­sentendo di totalizzare un mas­simo di 50 punti. Proprio la semplicità di queste prove ci dice quanto la malattia possa deteriorare le funzioni cogniti­ve. Da 34 anni uno degli stru­menti più usati nella valutazio­ne dell'Alzheimer era la scala MMSE (Mini Mental State Exa­mination), soprattutto per la sua brevità (10 minuti), prati­cità e affidabilità. Il confronto con il TYM era più che sconta­to e il nuovo test si è dimostra­to più sensibile, identificando il 93% dei pazienti rispetto al 53% dell'MMSE. Lo studio di validazione inglese, condotto su 139 pazienti con demenza o con compromissione mnemo­nica lieve e su 540 soggetti di controllo, ha evidenziato in questi ultimi un punteggio me­dio di 47 su 50, mentre i pa­zienti arrivavano a 33 su 50.

Con un punteggio di 42/50 la sensibilità diagnostica del TYM sarebbe del 93%: riesce cioè a 'percepire' il rischio di malattia in 93 casi su 100 e inoltre il particolare tipo di de­menza in 86 casi su 100. Quan­do esclude la malattia (la cosid­detta predittività negativa), il test sbaglia in 1 caso su 100. Lo studio sta però suscitan­do polemiche fra gli addetti ai lavori, per il rischio di falsi po­sitivi se usato da mani inesper­te. «La diagnosi di questa ma­lattia è un processo che richie­de una valutazione multifatto­riale e un lungo periodo di tempo — sottolinea il profes­sor Carlo Caltagirone, diretto­re scientifico dell'IRCCS Santa Lucia di Roma —. Le alterazio­ni cognitive sono diverse da quelle del normale invecchia­mento, ma l'esordio della de­menza è graduale e occorre considerare sempre anche l'educazione di una persona, la sua cultura, l'ambiente in cui vive... Per valutare questi pazienti con un test serve la su­pervisione di un esperto che aiuti a interpretare i risultati. La Società italiana di neurolo­gia per la diagnosi delle de­menze raccomanda da tempo un'ampia verifica, usando le molte scale neuropsicologiche oggi disponibili, da impiegare insieme alle altre risorse — funzionali, strumentali, di la­boratorio, ecc. — indicate nel­le Linee guida».

Il nuovo test promette co­munque di allargare la base dell'allerta diagnostico, arruo­lando anche il medico di base fra quelli che possono fare una diagnosi precoce: secon­do gli autori dello studio, il TYM potrebbe essere sommini­strato dall'infermiera ai pazien­ti già nella sala d'aspetto. «Se avrà un'ampia diffusio­ne potrà essere validato in con­testi clinici diversi e in popola­zioni e culture differenti, co­me è successo per l'MMSE, di cui oggi esiste anche la versio­ne cinese — dice Orso Bugia­ni, primario emerito di neuro­patologia dell’Istituto Besta di Milano —. Fino ad allora è im­portante che ogni medico indi­vidui la scala neuropsicologi­ca che meglio si adatta alla sua professione e la usi per miglio­rare la sua capacità di identifi­care i pazienti nelle fasi iniziali di malattia. Così, avrà acquisi­to un’esperienza che gli per­metterà di usare al meglio il TYM, quando sarà validato an­che nel nostro Paese».

Cesare Peccarisi
28 giugno 2009

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