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12/9/2009
Influenza A: fa più vittime il virus o la psicosi? Parla lo psicologo
da la stampa.it
L'influenza suina sembra aver scatenato il panico generale. Come rimediare
LUIGI MONDO & STEFANIA DEL PRINCIPE
Ora anche il viceministro al Welfare Ferruccio Fazio, che prima gridava "al lupo", ridimensiona dicendo che stiamo vivendo un delirio da influenza. Ma sarà vero? D'altronde il picco non è ancora arrivato e, forse, è un po' presto per dire che «L'influenza A è più lieve del previsto. Si sta facendo troppo rumore, non ci sono motivi di gravi preoccupazioni» come da lui dichiarato.
Per capire se siamo vittime da delirio o psicosi e come questo possa influire sulla salute, non solo fisica, delle persone, ci siamo rivolti al Dott. Roberto Cavaliere - Psicologo, Psicoteraeuta e responsabile siti: www.iltuopsicologo.it e www.maldamore.it.
La gente pare essere stata colpita da una psicosi generalizzata a causa del virus H1N1 o Influenza suina. Ospedali affollati, gente in preda al panico per un banale mal di gola… Cosa sta accadendo, a livello psicologico, agli italiani?
«Tutto ciò che è nuovo e in parte o totalmente sconosciuto genera ansia, un’epidemia d’ansia in questo caso. Paradossalmente incute meno paura un tumore che ha ben altre ripercussioni per la salute delle persone rispetto all’influenza suina, ma di cui si conosce sintomatologia e iter diagnostico e terapeutico rispetto a una nuova malattia di cui si hanno notizie frammentate. Inoltre la parola epidemia risveglia sempre paure ataviche e antiche quanto l’uomo e per quanto si viva nell’era d’internet, questa parte arcaica della natura umana si concede una piccola rivincita. A livello psicologico individuale siamo un po’ tutti ipocondriaci, temiamo spesso che un banale sintomo possa nascondere qualcos’altro (tipo un mal di gola potrebbe essere indizio di ben altra patologia alle vie respiratorie) figuriamoci se è chiaramente esplicitato che un banale sintomo può essere indicativo di tale influenza. Si risveglia, appunto, in ognuno di noi la parte ipocondriaca ed ecco che monta il panico e si corre, nel dubbio che è tipico di tale aspetto della personalità, dal medico o all’ospedale».
Che si tratti di allarmismo o pericolo reale, queste fobie, a suo avviso, possono essere dovute a come i media stanno diffondendo le notizie?
«I media diffondono notizie e conoscenze, ma quando queste notizie e conoscenze riguardano tematiche che interessano tutti, l’effetto cassa di risonanza assume dimensioni tali che sfuggono agli stessi media. Nel titolo stesso con cui il media accompagna la notizia, si crea già il presupposto con cui il lettore o lo spettatore comprende la totalità della notizia».
Cosa ne pensa, invece, delle "leggende urbane" che ruotano intorno all’influenza suina, come per esempio il fatto che i virus sono stati creati in laboratorio dall’ONU e che i vaccini servono addirittura per sterminare l’umanità? Perché la gente preferisce "attaccarsi" alle ipotesi alternative piuttosto che alla semplice verità?
«Le leggende urbane fanno parte della componente ancestrale dell’uomo che tende ad attribuire la causa di una disgrazia improvvisa a fattori esterni piuttosto che al destino. Durante la peste nera del 300 si pensava anche che la peste fosse portata da gruppi marginali come le streghe e gli ebrei. C'erano anche altre ipotesi sul diffondersi della peste come congiunzioni astrali sfavorevoli e punizioni divine. Gli uomini di fede ritenevano che la peste fosse stata mandata da Dio come punizione, perciò organizzarono preghiere collettive, processioni, movimenti quali i flagellanti. Ciò contribuì ad alimentare l'epidemia: tali eventi collettivi si rivelarono un'ottima occasione per trasmettere l'agente patogeno per via respiratoria. Nonostante siano passati 700 anni da allora quest’attribuzione di responsabilità a gruppi esterni permangono nell’animo collettivo seppur con intensità e modalità diverse.
Questa preferenza nell’attaccarsi a ipotesi alternative piuttosto che alla semplice verità è chiamata "attribuzione sociale in psicologia". Gli individui, in maniera inconscia, tendono ad attribuire a persone e gruppi esterni la responsabilità di avvenimenti che sono solo situazionali. Quest’attribuzione va a carico di chi nell’immaginario collettivo è visto come il diverso e/o il cattivo: l’extracomunitario che è sempre portatore di qualche infezione o l’industria farmaceutica che attraverso la produzione dei vaccini accresce i propri profitti».
Non c'è il rischio che diventi più "pericolosa" la psicosi che non l'influenza stessa?
«Fortunatamente a differenza delle epidemie del passato ansie individuali e collettive sono meglio gestite sia dal singolo sia dalla collettività e tranne che in pochi casi (i classici ipocondriaci) non assumono dimensioni tali da diventare nevrosi o psicosi».
Qual è il suo consiglio (per le persone normali, media, politici ecc.) per affrontare sensatamente il problema?
«Al singolo consiglio di attenersi solo alle indicazioni che provengono da fonti scientifiche e istituzionali (dal ministero della salute al medico di famiglia). Nei prossimi mesi, con l’avvicinarsi della stagione invernale, saremo bombardati da notizie e indicazioni su questo tipo d’influenza. Il rischio maggiore è di fare automaticamente autodiagnosi e talvolta anche auto terapia. Proprio perché i sintomi di questa malattia sono aspecifici, rinnovo l’invito a rivolgersi solo al proprio medico di famiglia, l’unica "voce amica" in grado di rassicurare e valutare il da farsi.
Per quanto riguarda i media trovare il giusto equilibrio fra diritto all’informazione e modo di comunicare l’informazione. La modalità con cui si trasmette la notizia è più importante del contenuto della stessa. La notizia impatta in maniera diversa sul lettore secondo com’è esposta (enfasi nel riportarla, dettagli e quant’altro)».
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sabato 12 settembre 2009
nuova influenza,fa più danni lei o la paura di prenderla?
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