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venerdì 29 ottobre 2010

COME CAPIRE IL MOTIVO DEL PIANTO NEL NEONATO


Non farsi prendere dall'ansia. È la prima regola da adottare di fronte al pianto del bebè. Il perché è presto detto. Il neonato, per comunicare le proprie sensasioni ed emozioni che prova, ha solo due strade a disposizione: il corpo e il pianto. Tramite i movimenti del corpo e i vari tipi di pianto (non tutti gli strilli emessi dai lattanti hanno lo stesso significato) è possibile capire ciò che gli sta succedendo. Pertanto è molto importante che il bambino pianga. Anzi, a preoccupare i neogenitori dovrebbe essere proprio un bebè che non piange. «Il pianto - ci spiega Paola Romitelli, psicologa e consulente per il sostegno alla genitorialità - è lo strumento principale di comunicazione del piccolo: desiderare che non pianga sarebbe come desiderare che non parlasse, che non dicesse come si sente, cosa prova».

Come comportarsi allora di fronte al bebè che piange? Prima di tutto gli adulti, mamma e papà in primis, devono sforzarsi di decifrare le sue lacrime. «Molti genitori si fanno prendere dal panico quando il proprio bambino piange, anche se in realtà lui sta solo cercando di relazionarsi con l'altro e di comunciare ciò che sente. È importante quindi aver presente che i neonati piangono per diversi motivi e non, come generalmente si pensa, solo per il sonno e la fame». Le ragioni per cui i bambini piangono sono veramente le più disparate: fame, disagio, fastidio, dolore, malattia, solitudine, noia, paura, stanchezza, frustrazione, eccesso di stimolazione, ecc. E anche le smorfie che accompagnano le urla sono le più diverse: se piange per paura non chiude gli occhi mentre quando sente dolore sì, ha scoperto lo psicologo Mariano Choliz.

Il pianto più temuto dai neogenitori resta comunque quello da coliche gassose, che se da un lato è il più insopportabile, dall'altro è il più facile da decifrare (è inconsolabile e capace di durare anche ore ed ore). La sofferenza da coliche si manifesta precocemente (entro 10-20 giorni dalla nascita); mentre la prima parte della giornata è generalmente calma, le crisi si manifestano alla fine del pomeriggio o di sera, protraendosi a volte anche per una parte della notte; spesso si scatenano dopo il pasto quando inzia la digestione; il bambino si agita e urla per ore in modo ostinato e vi è una mimica facciale e dei movimenti del corpo che evocano un forte sofferenza digestiva.

In questa situazione le mamme cerchino di non farsi prendere dall'ansia, dai sensi di colpa e si sforzino di non arrabbiarsi, nonostante non dormano da mesi. Evitino anche di consolarlo attaccandolo al seno o offrendogli il biberon se ha mangiato recentemente. Meglio invece collocarlo in posizione prona, prenderlo in braccio, fargli fare un giretto in auto in modo da distrarlo (ai più sembrerà una cosa assurda, ma funziona), dargli qualcosa da succhiare, massaggiargli il pancino in senso orario e fargli fare degli esercizi con le gambe. Una volta tentate tutte queste strade (mettete in atto un consiglio per volta e non è detto che ci si riesca subito, magari ci vogliono diverse prove) lasciatelo semplicemente sfogare. Non tutti i neonati amano infatti essere toccati e manipolati quando non stanno bene. L'indomani portate subito il bambino dal pediatra, che provvederà a prendersi cura di lui e a riportare il sereno in casa.

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