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venerdì 23 marzo 2012

Un test per l'infarto, ma il rischio è spesso sottovalutato

Un test per l'infarto, ma il rischio è spesso sottovalutato:
Un gruppo di scienziati americani guidati dal prof. Eric Topol ha messo a punto un test del sangue in grado di predire l'infarto 1 o 2 settimane prima che questo si verifichi. I ricercatori dello Scripps Translational Science Institute di San Diego hanno descritto i dettagli del test sulle pagine di Science Translational Medicine. Il test si basa sulla valutazione delle cellule endoteliali presenti nel sangue, le quali prima di un infarto aumentano in maniera significativa e assumono forme anomale.
Ma se il test potrebbe rappresentare una valida novità per i pazienti già a rischio e sotto stretto controllo medico, per la popolazione sana andrebbero invece rivisti i criteri per il calcolo delle probabilità di un evento cardiovascolare. Una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine prende in esame un ipotetico uomo di 40 anni che decide di controllare il proprio stato di salute, valutando il rischio di un infarto. Gli strumenti attuali forniscono un risultato interpretabile su un lasso di tempo di circa 10 anni, un periodo di tempo su cui poco incidono qualche sigaretta e un livello di colesterolo appena più alto del normale. La conseguenza è che il soggetto si sente rassicurato e trascura le più elementari norme di buon senso per il mantenimento di un corretto stile di vita. Se invece si calcolasse il rischio di infarto nell'intero arco della vita, lo stesso uomo si accorgerebbe che le sue abitudini sono molto pericolose a lungo termine e probabilmente agirebbe di conseguenza.
Lo studio in questione prende il nome di Cardiovascular Lifetime Risk Pooling Project e ha preso in esame 250 mila persone di diverse etnie per un periodo di tempo di oltre 50 anni, valutando i vari fattori di rischio relativi a quattro fasi della vita, 45, 55, 65 e 75 anni.
Stando ai risultati, un 45enne con i parametri nella norma corre un rischio di morte per un evento cardiovascolare pari all'1,4 per cento, ma lo sforamento di un solo parametro alza il rischio al 49,5%. Spiega Donald Lloyd-Jones, docente di medicina preventiva presso la Northwestern University e coordinatore dello studio: “basta passare dall'avere tutti i parametri a livelli ottimali all'averne uno non più perfetto, ad esempio colesterolo o pressione di poco più alti del normale, per veder aumentare moltissimo la probabilità di un evento cardiovascolare nel corso della vita. Se ci focalizziamo solo su dieci anni diamo un messaggio fuorviante e troppo rassicurante. Un profilo non ottimale, ad esempio una persona che non ha il diabete e non fuma, ma ha il colesterolo fra 180 e 200 e la pressione a 130/90 (quindi nulla che richieda una terapia, ma valori diversi dal "meglio"), è comunque pericoloso, nel lungo e lunghissimo periodo”.
Fondamentale ancora una volta risulta lo stile di vita adottato: “tutto ciò che riduce i fattori di rischio, dalla dieta all'esercizio fisico, deve essere messo in pratica con rigore e possibilmente fin dall'infanzia: questo garantisce una 'buona partenza' e l'acquisizione di buone abitudini che saranno fondamentali per il resto della vita. La prevenzione è fondamentale sempre, a qualsiasi età, e non bisogna abbassare la guardia”, conclude Lloyd-Jones.
http://www.italiasalute.it/Centro_Malattie.asp?Sezione=Infarto Domanda al medico specialista gratis

Andrea Piccoli
23/03/2012
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