ad

venerdì 4 settembre 2009

depressione:che fare?

Allentare la morsa della depressione



la stampa.it

ROSALBA MICELI

La depressione è un problema di salute mentale, con notevoli ricadute a livello della qualità della vita del singolo ed indirettamente della comunità in cui vive. Ai costi sociali si aggiungono quelli economici, spesso ingenti, se il fenomeno depressivo raggiunge dimensioni allarmanti. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la depressione colpisce circa 330 milioni di persone nel mondo (in Italia si ritiene che attorno ai 5 milioni di persone siano affette da disturbi depressivi, con il 15% di tutte le donne, contro l’8% dei maschi, e l’8-10% dei soggetti di età compresa tra 14-24 anni) e circa la metà dei pazienti con malattie debilitanti.

Ma le cifre non dicono tutto, né abbastanza. Non chiariscono, ad esempio, gli aspetti transgenerazionali del problema depressione: indipendentemente dalla vulnerabilità biologica, la depressione nei genitori - soprattutto nella madre - può esporre i figli ad un rischio elevato di manifestare disturbi dell’umore all’ingresso dell’età adulta. Si stima che nel 2030 la depressione sarà la la seconda causa di disabilità al mondo ma la prima nei paesi industrializzati.

Proprio per tagliare le spese sanitarie inerenti alla depressione, in Inghilterra si sta compiendo una sorta di rivoluzione nella politica sanitaria nazionale, un “New Deal per la depressione”: il governo inglese ha varato un programma di intervento (prevenzione e terapia) sotto la guida del Professor Lord Richard Layard, direttore del “Centre for Economic Performance” della London School of Economics and Political Science (LSE), un prestigioso istituto di studi economici.

Il progetto, con uno stanziamento di 221 milioni di euro entro il 2010 prevede la mobilitazione di circa 10.000 psicoterapeuti per il trattamento della depressione, a livello dell’assistenza di base: una opportunità per tutti i cittadini di accedere alla psicoterapia attraverso un network di psicoterapeuti di base che operano sul territorio quanto più possibile in prossimità con i pazienti ed in rete tra loro. Lord Layard ha deciso di puntare sulla psicoterapia perché sostiene che in definitiva, nel rapporto costi-benefici, convenga economicamente non solo ai pazienti ma alla collettività intera. In particolare viene sottolineato il ruolo della Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) riguardo all’apprendimento dei meccanismi di attivazione della corteccia prefrontale nella regolazione degli stati affettivi, con effetti sulla prevenzione delle recidive nel lungo periodo, anche dopo la fine del trattamento.

Secondo il “Depression Report “ della London School, depressione ed altri disturbi psicopatologici costituiscono la prima causa di disabilità lavorativa, creando un circolo vizioso che a sua volta rende ancora più problematico il re-inserimento professionale. Il “Depression Report” della London School è consultabile (e scaricabile) sul sito della LSE, mentre il progetto inglese verrà illustrato nei dettagli da Lord Layard durante i lavori del XX Congresso dell’International College of Psychosomatic Medicine che si svolgerà a Torino dal 23 al 26 settembre 2009, con il patrocinio del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.

Sul fronte della indagine scientifica, le ricerche più recenti evidenziano come la vulnerabilità biologica all’insorgenza dei disturbi depressivi, un fenomeno complesso legato a diversi fattori genetici, diventi significativa solo quando interagisce con i fattori di rischio psicosociale e viceversa. Uno studio finanziato dal Ministero della Salute italiano, effettuato da ricercatori dell’IRCCS “Eugenio Medea” (polo di Bosizio Parini) e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano su un campione di preadolescenti italiani ha evidenziato alcune varianti genetiche (due polimorfismi presenti in due geni del sistema serotoninergico, TPH2 G-703T e 5-HTTLPR, che regolano rispettivamente la sintesi ed il re-uptake di serotonina) e psicosociali (ambienti familiari stressanti, nel caso in esame, famiglie in cui è presente un solo genitore) che giocano in sinergia un ruolo chiave nell’insorgenza del quadro depressivo (i risultati sono stati pubblicati su “The Journal of Child Psychology and Psychiatry).

Come intervenire sui soggetti più vulnerabili, prima dell’esordio depressivo? E’ esplicito Massimo Molteni, responsabile della ricerca in Psicopatologia all’IRCCS “Eugenio Medea”: “A questo punto diventa urgente indirizzare le risorse verso un accurato monitoraggio di quei ragazzi esposti ad un maggior rischio di conseguenze avverse, inclusi, per esempio, interventi volti a ridurre i conflitti, oppure ad affrontare il rischio socioambientale in quei ragazzi con una suscettibilità genetica più elevata”.

Fa da scuola il programma promosso diversi anni fa da Martin Seligman, psicologo dell’Università della Pennsylvania. Seligman lavorando “sul campo”, ovvero trattando adolescenti inclini alla depressione, ed approfondendo lo studio dei meccanismi della cosiddetta “impotenza appresa “ (una incapacità di reazione che può seguire un trauma, anche dopo che il periodo critico è passato, conducendo ad un atteggiamento generalizzato di rinuncia e rassegnazione) ha elaborato i principi della “psicologia positiva”. L’idea centrale delle teoria di Seligman è che le persone possano cambiare, modificando il proprio modo di pensare e che la capacità di reagire di fronte alla sconfitta può essere appresa da chiunque.

La tecnica studiata per mandare in corto circuito la depressione, alle prime avvisaglie, agisce su due aree di competenza emozionale: da una parte mira a potenziare le abilità relazionali (come sviluppare un’amicizia, come sentirsi più sicuri di sé con i coetanei, come costruire un rapporto intimo, come esprimere i propri sentimenti) in quanto le difficoltà della vita di relazione, particolarmente nei giovani, rappresentano un fattore che scatena la depressione; dall’altra, intervenendo precocemente sulla tendenza ad interpretare in modo pessimistico le difficoltà e gli insuccessi, un fattore predittivo di depressione. Mettere in discussione gli schemi mentali che inducono malessere può diventare un’abitudine che persiste e si rafforza nel corso degli anni e si avvia al momento opportuno quasi automaticamente, ed in questo senso, somiglia all’imparare a nuotare o ad andare in bicicletta.



+ XX Congresso dell'International College of Psychosomatic Medicine
+ London School of Economics and Political Science
+ Istituto Scientifico Eugenio Medea

Nessun commento:


Il presente Blog è aggiornato senza alcuna periodicità e non rappresenta una testata giornalistica ai sensi della legge n.62 del 07.03.2001. Qualora immagini, video o testi violassero eventuali diritti d'autore siete pregati di segnalarlo e verranno rimosse.
Avviso sulla privacy: Per pubblicare gli annunci sul nostro sito web utilizziamo aziende pubblicitarie indipendenti. Queste aziende possono utilizzare questi dati (che non includono il tuo nome, indirizzo, indirizzo email o numero di telefono) sulle tue visite a questo e altri siti web per creare annunci pubblicitari su prodotti e servizi che potrebbero interessarti. Se desideri ulteriori informazioni a questo proposito e per conoscere le opzioni disponibili per impedire l'utilizzo di tali dati da parte di queste aziende, fai clic qui.