Sanihelp.it - Insegnare ai bambini autistici a comunicare purtroppo non ne allevia la sintomatologia: è quanto sostiene uno studio condotto presso l’Università di Manchester e pubblicato sulla rivistaLancet.
L’autismo è un disordine che colpisce un bambino su 100: gli autori dello studio hanno seguito 152 bambini autistici in età prescolare e li hanno suddivisi in due gruppi, uno sottoposto a terapia standard e l’altro sottoposto a un particolare tipo di terapia focalizzata sulle tecniche di comunicazione.
Dopo un anno i ricercatori sono andati controllare la sintomatologia nei due gruppi di bambini riscontrando che anche con trattamenti differenti la sintomatologia di base rimane la stessa.
I bambini sottoposti al trattamento mirato alla comunicazione, però, meglio riescono a interagire con i loro genitori e i genitori stessi hanno comunque la sensazione che i loro bambini stiano meglio, anche se poi le prove scientifiche sulla sintomatologia dell’autismo dimostrano che non è così.http://www.sanihelp.it/news/10888/comunicazione-autismo/1.html
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giovedì 3 giugno 2010
domenica 16 maggio 2010
Maggio di informazione psicologica,tante iniziative gratuite in molte città d'Italia


Durante il mese di Maggio 2010 organizzeremo in numerose città d'Italia seminari, incontri a tema, convegni e conferenze su qualsiasi ambito della Psicologia.
Tutte le iniziative saranno gratuite!
Sarà anche possibile richiedere un colloquio psicologico gratuito con uno degli Psicologi aderenti al MIP
http://www.psicologimip.it/
domenica 21 marzo 2010
Disturbi della salute mentale:Progetto Itaca e non sei solo,cos'è e cosa fa.
Club Itaca |

Autonomia socio lavorativa per persone con una storia di disagio psichico
Cos'è Club Itaca e cosa si propone
Club Itaca si rivolge a persone con una storia di disagio psichico e si pone la finalità di sostenerle nellosviluppo della propria autonomia sociale e professionale, attraverso l'impegno in attività interne, funzionali alla gestione del Club, e la sperimentazione del lavoro in azienda, in vista di un successivo inserimento lavorativo.
L'esperienza in Club Itaca costituisce un'opportunità per la persona per mettere in pratica le proprie qualità e sviluppare le proprie potenzialità.
Club Itaca è stato costituito da Progetto Itaca, associazione nata nel 1999, attiva nel campo dell'informazione, della prevenzione e della riabilitazione del disagio psichico. Aderisce al modello di riabilitazione detto delle "Clubhouse", nato negli Stati Uniti nel 1948 e diffusosi rapidamente in tutto il mondo; Club Itaca, avviato a Milano nel maggio del 2005, è la prima Clubhouse italiana.
Il progetto è stato selezionato dall'Iniziativa Comunitaria per le risorse umane Equal, nell'ambito della lotta alla disparità di accesso al mercato del lavoro.
A chi si rivolge Club Itaca
Club Itaca si rivolge a uomini e donne con una storia di disagio psichico: chi sceglie di aderire diventa socio di Club Itaca
- Il socio è una persona che ha deciso di prendere in mano la sua vita.
- I soci desiderano costruire una vita attiva e soddisfacente, fondata sulle proprie capacità e sui propri punti di forza.
- I soci sono aperti al lavoro di gruppo per raggiungere scopi comuni, nell'armonia e nel rispetto reciproco.
mercoledì 17 marzo 2010
Sindrome di Alice:disturbo neurologico che fa vivere come in un sogno in una alterata percezione del tempo
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giovedì 4 marzo 2010
Diagnosi di Disturbo Dipendente di Personalità.a che serve la psicanalisi.
Diagnosi di Disturbo Dipendente di Personalitàper una valutazione diagnostica del disturbo di personalità dipendente prendiamo ancora una volta in considerazione il DSM-IV. Il Manuale lo inserisce nel cluster C dei disturbi di personalità, detto anche gruppo degli ansiosi.
Il disturbo dipendente di personalità è descritto come una situazione pervasiva ed eccessiva di necessità di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che compare nella prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:
1) la persona ha difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza richiedere un'eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni
2) ha bisogno che altri si assumano la responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita
3) ha difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per il timore di perdere supporto o approvazione (nota per il clinico: non vanno inclusi timori realistici di punizioni)
4) ha difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose autonomamente (per una mancanza di fiducia nel proprio giudizio o nelle proprie capacità piuttosto che per mancanza di motivazione od energia)
5) può giungere a qualsiasi cosa pur di ottenere accudimento e supporto da altri, fino al punto di offrirsi per compiti spiacevoli
6) si sente a disagio e indifeso quando è solo per timori esagerati di essere incapace a provvedere a se stesso
7) quando termina una relazione stretta ricerca urgentemente un'altra relazione come fonte di accudimento e di supporto
8) si preoccupa in modo non realistico di essere lasciato a provvedere a se stesso.
Comprensione e Trattamento in Psicologia
Caratteristica prevalente sembra essere una costante sfiducia in se stessi ed la percezione di una enorme insicurezza personale e sociale.
L'individuo con personalità dipendete permette passivamente che gli altri dirigano quasi completamente la sua vita e non avanza richieste per timore di compromettere queste relazioni considerate probabilmente protettive, delle vere e proprie ancore di salvezza.
Appare un quadro di estrema dipendenza generalizzata che si manifesta inoltre, con una difficoltà a prendere delle decisioni importanti; è tipica la richiesta di continue ed eccessive rassicurazioni ad persone significative per il soggetto.
Tale caratteristica non rende il soggetto dipendente in grado di prendersi cura di se stesso senza che sia qualcun altro a farlo.
Sembra esserci una certa predisposizione alla "depressione" ed, in particolare, una tendenza ad ammalarsi in generale.
Fondamentalmente l'individuo con personalità dipendente si considera inadeguato ed indifeso e, pertanto, si potrebbe percepire come incapace di affrontare il mondo e la vita con le proprie forze.
Gli individui dipendenti ricercano in genere una o pochissime relazioni strette soprattutto con qualcuno che sembra in grado di affrontare la vita, che li protegga e che si prenda cura di loro. Cedono, in altri termini, le proprie responsabilità e la propria one-ship in cambio di cure.
L'individuo dipendente, pur di compiacere l'altro significativo ed evitare il conflitto esita, perlopiù, quasi ogni sorta di controversia.
Nel caso in cui la relazione dipendente finisse, potrebbe esserci una sorta di sentimento di disgregazione con tendenza alla depressione e, l'unica alternativa, sembrerebbe essere trovare quasi immediatamente una sorta di rimpiazzo, una figura affiliativa nuova con cui ristabilire un legame appunto dipendente.
Come disturbo è spesso in comorbilità con altri disturbi clinici tra i quali i disturbi dell'umore, in particolare il disturbo depressivo ed il disturbo distimico, i disturbi d'ansia e con quelli somatoformi. In generale possiamo dire che esiste un'interfaccia tra i disturbi affettivi ed il disturbo dipendente di personalità.
Sull'asse II sembra essere in continuum con gli altri disturbi del gruppo ansioso (evitante e ossessivo-compulsivo).
Oltre il 50% delle personalità dipendenti riceve anche una diagnosi di disturbo borderline di personalità (BPD). In comune c'è soprattutto la tematica dell'abbandono; si notato tuttavia differenti modalità relazionali che, nella personalità dipendente, sono caratterizzate da sottomissione e adesività mentre nel borderline si riscontrano rabbia, manipolazione ed impulsività.
Sembrerebbe che nelle famiglie dei soggetti "dipendenti" venga agito un elevato controllo e ci sia una ridotta espressività si se stessi, del proprio modo di essere, di agire e di sperimentare. Dal punto di vista della psicologia emotocognitiva (Baranello, 2004) è più compromesso il riconoscimento dei bisogni esplorativi.
L'intervento psicologico mira a risolvere i comportamenti, le azioni ed i pensieri che favoriscono e mantengono la dipendenza. Per farlo però si passa attraverso la dipendenza affettiva stessa. Si riconosce al paziente una capacità adattiva e delle risorse che egli ignora di possedere.
Il trattamento psicologico ad indirizzo emotocognitiva è di media durata e con ottimi risultati nella maggior parte dei casi. Lo psicologo scardina i processi psico-sociali che potrebbero aggravare la situazione nel tempo favorendo il ripristino del senso di volizione nel paziente.http://www.psicologiapsicoterapia.com/personalita/dipendente.htm
a cura del
Dott. Marco Baranello

venerdì 5 febbraio 2010
Iperattività se è in forma lieve può essere sintomo di creatività o addirittura genialità
05-02-10 | |
SALUTE: IPERATTIVITA', FORME LIEVI DISTURBO COLLEGATE CON CREATIVITA' | |
(ASCA) - Roma, 5 feb - Iperattivita' puo' significare genialita'. Soprattutto se si tratta di livelli lievi della sindrome: e' quanto sostiene uno studio condotto dai ricercatori del Trinity College di Dublino (Irlanda) guidati da Michael Fitzgerald, di cui si e' discusso nel corso della riunione annuale del Royal College of Psychiatry, da cui emerge che chi soffre di una forma lieve di ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder - sindrome da deficit di attenzione e iperattivita') potrebbe avere livelli di intelligenza e creativita' al di sopra della norma. Dallo studio e' emerso che le persone con ADHD lieve, oltre a soffrire di deficit dell'attenzione tipici della patologia, hanno anche la capacita' di ''iperfocalizzare'' l'attenzione su determinati argomenti di loro interesse, da cui deriverebbe quella sorta di ''marcia in piu''' nella creativita': ''Le persone con deficit di attenzione e iperattivita' hanno sintomi di disattenzione, ma possono avere anche una capacita' di iper-attenzione su argomenti ristretti che per loro sono di particolare interesse - spiega Fitzgerald -. Questi impulsi a volte possono diventare problematici o addirittura autodistruttivi, spingendo i soggetti verso la delinquenza, la tossicodipendenza e la criminalita', ma possono anche portare a sconvolgenti scoperte nel campo delle arti, della scienza e dell'esplorazione''. noe/cam/bra |
lunedì 25 gennaio 2010
Claustrofobia,aracnofobia,agorafobia e altro,cosa sono,ci dobbiamo preoccupare?
Per quanto a molti di noi possano risultare curiose o sorprendenti, le fobie non sono un disturbo strano. Di fatto, sono molto comuni. Gli esperti calcolano che le fobie nel loro insieme hanno un’incidenza del 5% della popolazione mondiale. Questo significa che una ogni venti persone patisce alcun tipo di fobia. Le donne patiscono fobie con maggiore frequenza degli uomini.
All’interno della classificazione in fobie specifiche (paura di certi oggetti, situazioni o fenomeni) e fobie sociali (timore o ansietà estrema dinanzi a determinati avvenimenti, come stabilire contatto verbale con sconosciuti o avere contatto con la famiglia politica), si deve dire che sono molto più comuni le prime. Di fatto, molta gente patisce una fobia specifica ma questa non influisce la loro vita quotidiana (come potrebbe essere il caso di una persona che viva in una grande città e patisca di ofidiofobia –paura dei serpenti- e che, giunto il caso, eviterà di trovarsi loro in uno parco zoologico).
Sebbene sia difficile determinare quali siano le dieci fobie più comuni (poiché variano a seconda del sesso e dell’età – gli adolescenti patiscono fobie sociali con maggiore frequenza degli adulti-), ecco qui un elenco di quelle che vengono considerate più frequenti in genere:
Aracnofobia: Si tratta della paura dei ragni. Si calcola che la metà delle donne e il 10% degli uomini patiscono di un qualche grado di questa fobia. Le reazioni di queste persone risultano esagerate per gli altri e persino per gli stessi fobici. Queste persone cercano di mantenersi lontano dai luoghi dove possono trovarsi ragni, o dove hanno visto ragnatele. Nei casi più seri, il panico può essere scatenato persino vedendo una fotografia.
Sociofobia: Si tratta di una paura persistente e intensa di essere giudicato negativamente nelle occasioni sociali. È una fobia tra le più comuni fra adolescenti e giovani e si calcola che circa un 4% delle persone tra 18 e 55 anni la patiscono. A differenza di quanto succede nella maggioranza delle fobie, questa fobia sociale è ugualmente comune tra uomini e donne.
Aerofobia: Si tratta della molto comune paura a viaggiare in aereo (si calcola, di fatto, che solo il 5% dei passeggeri salgono in aereo senza timori di sorta). Tuttavia, le persone che patiscono di questa fobia non sentono solo una leggera inquietudine al momento dell’atterraggio e del decollo, ma in occasioni le fobie gli impediscono di pensare soltanto ad una viaggio di questo tipo o recano disturbi di ansietà dinanzi alla prospettiva di un futuro viaggio, persino mesi prima di portarlo a termine.
Agorafobia: Si tratta della paura degli spazi aperti ed è un disturbo più comune tra le donne che tra gli uomini. L’agorafobico teme ogni luogo dove non si sente “sicuro” o non può “ricevere aiuto”. Chi soffre di questo tipo di disturbo di solito si rifugia nella sua casa e raramente esce, poiché in queste occasioni sente una gran ansietà. È la fobia che con maggior frequenza motiva visite agli specialisti.
Claustrofobia: Al contrario dell’agorafobia, questo disturbo implica il timore di restare confinato in spazi chiusi. Si calcola che tra un 2 e un 5% della popolazione mondiale patisce di questa fobia. Queste persone tendono a evitare ascensori, metrò, tunnel, stanze piccole, persino porte girevoli possono presentare difficoltà, come anche l’uso di attrezzature per tecniche mediche diagnostiche come la TAC.
Acrofobia: Si tratta della paura delle altezze, non semplici vertigini ma un timore che porta all’ansietà a chi ne patisce. La fobia di solito si manifesta in situazioni quali affacciarsi ad un balcone, essere in un belvedere in alto o vicino a un burrone. Come succede anche in altre fobie, coloro che ne patiscono cercheranno di evitare la situazione temuta.
Emetofobia: Si tratta della paura del vomito o di vomitare. Ci sono persone che sentono più di una semplice avversione verso l’atto di vomitare e che persino cambiano le loro consuetudini alimentari e sociali in conseguenza di ciò (per esempio, evitano di mangiare in ristoranti per timore che il cibo servito possa produrre mal di stomaco). Sebbene solo nei casi più estremi si considera fobia, si calcola che il 6% della popolazione sente paura di vomitare.
Carcinofobia: Si tratta della paura di contrarre il cancro. È uno dei timori più comuni dal momento in cui la maggior parte degli adulti sentono apprensione dinanzi la possibilità di manifestare i sintomi di questa malattia. Tuttavia, nel caso dei fobici si tratta di una paura molto antinaturale, poiché dimostrano di temere qualsiasi sintomo fisico negativo, associandoli tutti a sintomi della malattia.
Brontofobia: Sono comuni le fobie che coinvolgono elementi climatici o determinati fenomeni meteorologici, è questo il caso della brontofobia. Consiste nella paura estrema dei fulmini e tuoni delle tormente. Colui che partisce questa fobia sarà allarmato sia prima che durante le tormente, e nei casi estremi patirà i sintomi dell’ansietà. Può persino veder influenzata la sua vita sociale, poiché la pianificazione delle sue attività dipende dalle previsioni meteorologiche e piò non recarsi al lavoro o modificare le abitudini per via del clima.
Necrofobia: la paura della morte è qualcosa di naturale e istintivo nell’uomo, possibilmente perché la morte è lo sconosciuto. Inoltre, si associa la morte con i patimenti che la precedono, dolore, sofferenza, ecc. Tuttavia, alcune persone soffrono di una vera fobia verso la morte e gli esseri morti. Coloro che patiscono di questa condizione non possono spiegare il senso agghiacciante che sentono al avere quando vedono a una mummia o a un cadavere.http://www.fobie.org/fobie-comuni.php
giovedì 17 dicembre 2009
ATTACCHI DI PANICO:COME CURARSI DA SOLI
3.3 Autotrattamento di stati di panico
A causa di fobie, dipendenze, stress decompensato secondo il metodo kinesiologico di Roger J. Callahan.
CALLAHAN, Roger J.: Leben ohne Phobie, Verlag für angewandte Kinesiologie VAK, D-Freiburg i.B.
Estratto dalla dispensa Elementi di psicoterapia PTO 1
Sono trattati i seguenti temi:
Trattamento principale (esercizio da eseguire in caso di un attacco)
Trattamento esteso (esercizio da ripetere 3 volte al giorno)
Visualizzazione (parte del trattamento esteso)
Trattamento dello stress (come aiuto nelle situazioni di tentazione, rischio)
Inversione psichica (in caso di difficoltà nell'esercizio principale)
Inversione psichica fluttuante (in caso di difficoltà nell'inversione psichica)
Trattamento principale (esercizio da eseguire in caso di un attacco)
continua a leggere
A causa di fobie, dipendenze, stress decompensato secondo il metodo kinesiologico di Roger J. Callahan.
CALLAHAN, Roger J.: Leben ohne Phobie, Verlag für angewandte Kinesiologie VAK, D-Freiburg i.B.
Estratto dalla dispensa Elementi di psicoterapia PTO 1
Sono trattati i seguenti temi:
Trattamento principale (esercizio da eseguire in caso di un attacco)
Trattamento esteso (esercizio da ripetere 3 volte al giorno)
Visualizzazione (parte del trattamento esteso)
Trattamento dello stress (come aiuto nelle situazioni di tentazione, rischio)
Inversione psichica (in caso di difficoltà nell'esercizio principale)
Inversione psichica fluttuante (in caso di difficoltà nell'inversione psichica)
Trattamento principale (esercizio da eseguire in caso di un attacco)
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mercoledì 16 dicembre 2009
psicomotricità,quando è perchè è utile?
La psicomotricità ha avuto il suo boom negli anni Ottanta ed era spesso proposta nelle scuole. Con gli anni è cambiata molto affinandosi fino ad essere riconosciuta come una disciplina sanitaria.
Il bambino esprime le sue emozioni paure, affetti, sensibilità principalmente attraverso il corpo poiché almeno fino alla pre-adolescenza è questo il tramite principale attraverso cui manifesta i contenuti della sua mente e della sua psiche.
Le sedute di psicomotricità sono ambientate in luoghi caldi, colorati, in presenza di diversi attrezzi e materiali non strutturati (palloni, cuscini, cerchi, etc) In questi luoghi i bambini giocano e si relazionano ed interagiscono con la terapista.
Attraverso il gioco, in sedute individuali o di gruppo, a seconda modalità e stimoli che la terapista propone in modo graduale i bambini si aprono e mettono in luce, spesso più o meno consapevolmente, le loro emozioni, paure e problemi. La psicomotricista instaura con il bambino un rapporto privilegiato ed empatico che può portare alla risoluzione di diverse problematiche legate alla crescita e alla relazione con i coetanei e l’ambiente che lo circonda. continua
Il bambino esprime le sue emozioni paure, affetti, sensibilità principalmente attraverso il corpo poiché almeno fino alla pre-adolescenza è questo il tramite principale attraverso cui manifesta i contenuti della sua mente e della sua psiche.
Le sedute di psicomotricità sono ambientate in luoghi caldi, colorati, in presenza di diversi attrezzi e materiali non strutturati (palloni, cuscini, cerchi, etc) In questi luoghi i bambini giocano e si relazionano ed interagiscono con la terapista.
Attraverso il gioco, in sedute individuali o di gruppo, a seconda modalità e stimoli che la terapista propone in modo graduale i bambini si aprono e mettono in luce, spesso più o meno consapevolmente, le loro emozioni, paure e problemi. La psicomotricista instaura con il bambino un rapporto privilegiato ed empatico che può portare alla risoluzione di diverse problematiche legate alla crescita e alla relazione con i coetanei e l’ambiente che lo circonda. continua
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